Note dall Africa sul turismo responsabile di Francesca Guazzo e Stefano Pesarelli

Una riflessione approfondita sul Turismo Responsabile nel continente africano

Note dall Africa sul turismo responsabile di Francesca Guazzo e Stefano Pesarelli, manager di Africa Wild Truck Tour Operator con base in Malawi.

Dare una definizione universale di “turismo responsabile” è un compito arduo.

Come l’idea, tutta occidentale, di incasellare il turista in categorie; l’operazione non è solo complessa ma può nascondere in sé pericolose mosse commerciali.

Siamo viaggiatori che hanno fatto del viaggio una professione.

Da cinque anni abbiamo deciso di stabilirci in Africa e di vivere l’esperienza del viaggio con chi sceglie di affidarsi a noi come tour operator.

Ci troviamo quindi in questa situazione di delicato equilibrio, tra la terra che ci ospita e le nostre origini. Rispondere alla domanda “che cos’è il turismo responsabile?” e dove voglia portarci questa idea è il nostro pane quotidiano, da quando costruiamo un programma a quando viviamo il viaggio.

La parola “responsabilità” ha quel connotato che piace a tutti; chi, infatti, non vorrebbe sempre compiere la miglior scelta etico-morale tra tutte?

Chi non vorrebbe impegnarsi anche in viaggio in qualcosa che segua responsabilmente i principi di giustizia sociale ed economica per raggiungere quell’equilibrio che fatica ad imporsi tra uomo e natura?

“Il tempo è denaro” si usa dire in occidente; nulla di più lontano da ciò che si vive qui in Africa.

Il concetto di tempo è una delle peculiarità che separano l’Europa dall’Africa; qui il tempo è la natura, è il sole che sorge al mattino. In lingua swahili, infatti, la prima ora del giorno, saa moja, è l’ora in cui ci si sveglia, le “nostre” sei del mattino.

L’ottimizzazione dei minuti, dei secondi di viaggio, il passare da una meta ad un’altra, da un parco ad un altro costringendo le guide a turni massacranti e a fare i salti mortali per organizzare tutto al massimo, in fretta, per far vivere a chi arriva qui quell’emozione fugace che riempirà di qualche megabyte la scheda di memoria della macchina fotografica, il cercare qualche cosa da fare anche quando non c’è nulla da fare: questo non è sostenibile per noi.

Il far niente trasforma il solo sentire nell’ascoltare ed il guardare nel vedere.

Quante ricchezze ed emozioni perdiamo nel nostro instancabile correre? A quanti dettagli, forme, immagini, soggetti rinunciamo passandovi accanto di fretta? Sprecare il tempo in Africa è fondamentale, i sensi si appropriano del mondo intorno a noi senza alcuna barriera.

Quanto tempo sia giusto per un incontro non riusciamo a dirlo, ma spesso ci rendiamo conto che l’incontro è troppo breve ed è facile che, da entrambe le parti, si tenda, ancora una volta, a cadere in facili cliché, associando il turista ad un uomo estremamente ricco e una persona del luogo ad una persona estremamente povera.

Per quanto ci è possibile cerchiamo di mostrare la realtà per quello che è, senza inseguire una foto o un pregiudizio, anche se le copertine dei cataloghi spesso mostrano le immagini che il turismo e il turista vuole ricercare nel viaggio.

Ed ecco che quando si viene in Tanzania si vuole vedere un maasai vestito e agghindato come si è abituati ad immaginarlo e un safari è riuscito se si è avvistato almeno un leone, poco importa se la fortuna ci ha fatto incontrare un animale raro e in via d’estinzione come ad esempio il licaone.

Questo è molto avvilente e poco sostenibile.

Ci piace pensare che chi viaggia sia contento anche di vedere i cambiamenti di questo continente; più volte sentiamo la frase “non sarà più così tra dieci anni”. Beh, non possiamo pensare che l’Africa resti ferma a rappresentare quella nostra idea romantica di viaggio!

Così come non possiamo credere che la cultura sia solo rappresentata da perline colorate e che sia vera solo se visualizziamo “il diverso” di fronte a noi. Invito chi viaggia a tornare più volte negli stessi luoghi e a non collezionare timbri sul passaporto; ogni tanto sento questa espressione: “il Malawi si è già fatto nel 2005”.

Che arricchimento tornare più volte nello stesso Paese, su itinerari diversi o anche uguali, vedere un parco nella stagione secca e nella stagione delle piogge, approfondire un argomento che nel precedente viaggio abbiamo scoperto!

Il lato economico, il denaro!

Infine, il denaro. Quando qui assumiamo una persona assumiamo la sua famiglia intera, ci facciamo carico di problemi che in occidente non sarebbero immaginabili in un rapporto lavorativo.

Sentiamo quindi la grande responsabilità di pagare le guide, di mantenere un buon standard per loro e di ascoltare i loro sogni. Bisogna essere davvero interiormente generosi per farsi un regalo così grande come un viaggio.

Questa ricerca del minor prezzo possibile e la guerra al ribasso costringe gli operatori turistici ad un abbassamento della qualità che spesso si traduce in un minor guadagno per tutti, guide e autisti locali compresi.

Non è sostenibile portare allo stremo delle forze chi dà lavoro

a migliaia di africani nel settore turistico; quando si chiede uno sconto si dovrebbe pensare che dietro ci sono delle persone e una professionalità che non meritano di partecipare, loro malgrado, a questa asta al miglior offerente.

Quando viaggiamo cerchiamo di farlo in punta di piedi, minimizzando al massimo i potenziali impatti negativi derivanti dalla nostra presenza che includono danni sociali, economici ed ambientali.

Siamo consapevoli che il turismo abbia però anche una enorme capacità di apportare benefici in aree remote come la crescita economica, il supporto allo sviluppo e l’impegno nella conservazione del territorio.

Viaggiare in modo responsabile significa seguire una precisa filosofia di viaggio che vogliamo serva a preservare le bellezze e la cultura di questo meraviglioso continente alle generazioni future.

L’articolo sarà pubblicato prossimamente sulla rivista SOCIALNEWS.