La migrazione degli animali in Africa. Tanzania e Kenya. Diario della spedizione di AfricaWildTruck.

La migrazione degli animali in Africa. Tanzania e Kenya. Diario della spedizione di AfricaWildTruck. Per la prima volta in 7 anni di spedizioni Africawildtruck, nasce il tentativo di concepire un diario collettivo, un esperimento nato spontaneamente pranzando con nyama choma, la carne alla griglia più famosa tra Kenya e Tanzania. Ogni giornata è così stata scritta da uno di noi e conserva quindi una visione molto personale sul viaggio. Buona lettura da Barbara, Sergio, Italo, Giulia, Massimo, Silvia, Luca, Cristiana, Antonio, Isabella e dalla nostra Francesca.

Giorno 1 L’arrivo a Dar es Salaam Eccoci! Usciamo dall’aeroporto e incontriamo Francesca e Stefano, sempre sorridenti e simpatici. Facciamo le presentazioni, cercando di ricordare qualche nome ma, siamo in 14, ci vorrà tempo…l’unico nome che impariamo subito è quello di Martino, un simpatico bambino di sei anni, biondo, con due occhioni azzurri. Io, Italo, Massimo e Antonio siamo i veterani, sia per l’età che per aver già fatto dei viaggi con AfricaWildTruck; io e Massimo siamo al terzo, Italo e Antonio al secondo. Attraversiamo la città, prendiamo un traghetto che ci conduce alla spiaggia in pochi minuti. Il primo campo è già montato su una bella spiaggia. I più sportivi si mettono subito in costume e via nell’Oceano Indiano a fare una bella nuotata; al pomeriggio una passeggiata sulla spiaggia verso una zona di mangrovie tra molte imbarcazioni un po’ malconce che sono usate per la pesca. Prima di cena il briefing di Stefano immancabile ci ricorda tante cose…poi la cena a lume di candela sulla spiaggia: l’inizio del viaggio è promettente! Barbara

Giorno 2 Dar es Salaam – Lushoto Sveglia all’alba, con meravigliosa alba sull’Oceano Indiano, punteggiato di dhow che salpano le vele per andare a pescare…davvero suggestivo. Partenza dopo una veloce colazione sulla spiaggia…ci troviamo subito immersi in un una fila “africana” per attraversare con il Ferry boat il canale di Dar es Salaam. Durante l’attraversamento della città è bellissimo ammirare i piccoli mercati, le bancarelle sul bordo della strada che vendono ogni genere di oggetto: frutta, carbone, vestiario, mobili, divani, colazioni veloci, letti, uova, motociclette, non manca niente, neppure i loculi. Prima tappa, scuola di Chalinze: l’incontro con gli insegnanti e con i bambini è davvero toccante…i bambini ci guardano subito con ammirazione e curiosità, rispondendo ed ubbidendo immediatamente ai comandi degli insegnanti. La principale attrazione degli scolaretti è Martino: alcune bambine in maniera molto dolce si avvicinano per toccargli i capelli biondi. In distanza sembrano portare tutti la stessa uniforme, in maniera impeccabile…più ci si avvicina più i colori sbiadiscono ed ogni bambino presenta i segni della povertà e della “triste” realtà di questi luoghi: i banchi di scuola sono pochi e vecchi, si sta in 3 o 4 addirittura in 5; i quaderni sono pochi e vecchi, la lavagna consumata, il pavimento spesso scalcinato però i sorrisi regnano ovunque. Tutti i bambini nel cortile della scuola ci recitano una canzone in lingua swahili e rispondono ad alcune domande nostre tradotte dal maestro: in molti si commuovono. Anche loro porgono delle domande a noi, ma sono molto timidi. La visita termina con un colloquio con gli insegnanti e la consegna di materiale didattico portato dall’Italia (matite, pennarelli, quaderni, etc.) e di qualche giocattolo di Martino. Sosta in una avvenente trattoria locale…Stefano ci dice che siamo un po’ in ritardo. Di 15 minuti in 15 minuti ammirando i panorami, la gente di montagna ed i primi cercopitechi, arriviamo a destinazione per cena, graditissima. Ci sistemiamo nelle camere e nonostante siano passate poche ore il gruppo mi sembra ben assortito e simpatico. Sergio

Giorno 3 Lushoto, sui monti Usambara Al seguito del capo Stefano e Mr. Frank nostra guida locale per i monti Usambara facciamo una gita nella foresta pluviale con attraversamento di torrente con difficoltà, tramite tronco: lo passiamo a cavalcioni! Urlo nella foresta…E’ piombato un mamba verde sulla veste di Sylvie! (così si dice…) Un attimo di panico, ma il mamba non lo vede nessuno… Avvistiamo invece i colobi bianchi e neri e la blue monkey e due camaleonti che ai nostri sguardi erano invisibili. Sono due specie endemiche, ci spiega Stefano, che si possono ammirare solo qui! La risalita è un po’ faticosa e arriviamo in una piazzetta di un villaggio con salutare bibita; si improvvisa anche una partita di pallone con i bambini del villaggio. Rientro al lodge, freddo intenso, cena e quindi a nanna! Italo.

Giorno 4 Io amo i serpenti! La nebbia, gli alberi, la rugiada…sono così lontani dall’idea che mi ero fatta della Tanzania, legata alla savana, al bush, alle strade di terra e polvere. Come risveglio muscolare decidiamo di dare una spintarella al truck e felici ripartiamo per iniziare una nuova giornata in viaggio per la Tanzania. Scendiamo dai monti Usambara, lentamente rientriamo nella tipica scena africana, fatta di strade, bancarelle lungo la strada che vendono di tutto (e noi ci fermiamo a comprare i pomodori!). Tappa pranzo: ci sediamo per la prima vera bottiglia di Coca Cola, che sarà compagna immancabile di viaggio. Stefano ordina la carne alla griglia. Io mi sento bene, su queste sedie e sotto questo pergolato che in Italia non avrebbe neanche un nome per com’ è, tanto lontano dalla nostra concezione di “ristoro”. Buono il caffè solubile, 100% caffè. Stasera vedremo il rettilario e visto che a me piacciono i serpenti non vedo l’ora di arrivare. Passiamo Arusha: anche questa, come Dar es Salaam, è una città che cresce velocemente. Stefano si meraviglia nello scoprire un palazzo “alto” che l’anno prima non c’era. Che le città africane nascano va bene, ma se crescessero con un po’ più di organizzazione sarebbe meglio: il contrasto fra la strada di terra, i materassi legati sulle macchine e le persone con il cellulare all’orecchio è forte ed io non capisco che cosa stona, se proprio qualcosa deve stonare. Arriviamo al campeggio dove si trova il rettilario voluto da una coppia di australiani per recuperare animali feriti nel bush tra cui anche volatili: vedo per la prima volta il black mamba, il serpente dei sette passi, il più pericoloso. E poi cobra, pitoni, green mamba e civette…da questo istante mi rendo conto che siamo entrati davvero nel bush: fuori dalla recinzione del campeggio ci sono gli animali. Per me è la prima volta in “questa” Africa, sapere che a 30 metri da me ci può essere una iena è davvero eccitante, ma nel buio del campeggio le luci sono fioche: d’ora in poi l’attenzione è a mille. Qualcuno beve un po’ di caffè con Amarula e poi in tenda: domani si va al Tarangire! Giulia

Giorno 5 L’arrivo al Tarangire national park … E siamo alla mattina del venerdì, la tappa che ci aspetta è quella che ci porterà al parco del Tarangire, per due notti in vero campeggio in un parco. All’arrivo al gate resto sorpreso nel vederlo completamente ristrutturato ed ingrandito….entriamo e poi…via sullo sterrato. Arriviamo all’area campeggio ed eccola…due grandi baobab si affacciano sullo spiazzo. A semicerchio disponiamo le tende e pensiamo al pranzo…la fame non manca mai! Il parco è abbastanza fitto di vegetazione, ma raggiungiamo un posto in cui ci sono due pozze d’acqua e lì, anche in diverse occasioni, scattiamo foto agli animali che si dissetano. C’è molta eccitazione fra noi, specie per chi è alla sua prima esperienza africana. Per tre ore percorriamo le piste che arrivano fino al fiume, incassato tra le colline. Lo costeggiamo a tratti fra uccelli, babbuini, impala, facoceri, zebre e gnu…per me non sono cose nuove ma riesco sempre ad emozionarmi ugualmente. Torniamo al campo al tramonto; una doccia, la cena e a “nanna” per ascoltare i rumori notturni della savana. Massimo

Giorno 6 Che parco il Tarangire national park! Che giornata! Questo parco che ti invita ad essere sua parte integrante ci riporta ad uno stato selvaggio che solo i nostri avi potevano vivere; questo parco, dicevo, ci ha regalato una maestosità di panorami vari ed essenziali, ricchi di niente e poveri del tutto. Gnu e zebre ci hanno accompagnato ovunque, la vista dei bufali ci ha sopraffatto nella sua grandezza. Le giraffe che chinano il lungo collo allargano le esili zampe per bere un’acqua tanto ambita che ti fa cedere nonostante i rischi. Si viaggia di qua e di là, tutto ci assedia la mente, tutto si insedia nel corpo. La presenza del mio bimbo Martino mi aiuta a vedere tutto con gli occhi dello stupore e la vicinanza del mio amore Sergio mi invita alla scientificità della conoscenza ed io ne esco come un perfetto miscuglio di sensazioni. Ma la ricchezza della giornata non è finita con il calar del sole! Appena entrati in tenda al campo abbiamo sentito un trambusto dei nostri compagni di viaggio che vociavano a gran paura la presenza di un serpente. Cavolo un serpente… dove sarà, dove sarà? Sergio apre la tenda e il viso ci appare di fronte. Cavolo, è un cobra sputatore. Alzo al volo il bimbo che dormiva beatamente e sotto la nostra tenda sentiamo strisciare tutta la sua presenza; ci alza anche i materassini per poi fuggire, più spaventato di noi nel bush dietro le nostre tende. Che parco il Tarangire, che nottata al Tarangire! Silvia.

Giorno 7 Ultimo safari nel Tarangire national park. “Sveglia ragazze!” Ore 5:30. Buio. Mi rimbalza in testa la canzone “il cobra non è un serpente, ma un pensiero insolente…” Spitting cobra e cercopitechi sono le mascotte del campo qui al Tarangire. Pieghiamo le tende sotto lo sguardo tra il curioso e l’annoiato di un waterbuck che ci guarda dalla posizione in cui erano gli gnu la sera prima. Campo pulito: si parte per l’ultimo safari del parco. Passiamo la “fu giraffa” ed arriviamo alla prima pozza: spettacolo! Gnu e zebre sono insieme a bere, la luce è perfetta! Torniamo verso il fiume e lì sulla collina ci fermiamo davanti a 10 elefanti che hanno deciso di far colazione sul bordo della strada. Luce ottima! Forse anche io sono riuscita a fare una foto decente oggi! Il tempo per i safari per oggi è terminato, prendiamo la pista per l’uscita: zebre a sinistra, savana a destra, il giallo dell’erba secca dell’inverno mi emoziona con la sue macchie più chiare e più scure che contrastano con l’azzurro del cielo che sta diventando più intenso. In questo il truck accelera improvvisamente: agitazione sul lato destro: “che cosa succede?”. “Ci ha caricato un bufalo!” “Cosaaaa?!??!” Insomma: ne abbiamo fatto arrabbiare uno grosso. Mi sono persa una scena da documentario, ma ci hanno pensato quelli che l’hanno vista a raccontarcela bene. In realtà, come ci ha spiegato poi Stefano, era una “finta carica”. Poco dopo l’uscita ci fermiamo ad una bancarella delle donne masai: i loro manufatti sono coloratissimi tra braccialetti, collane, sottobicchieri, disegni che prendono forme con perline intrecciate. Partono le contrattazioni: numeri scritti con le dita sulla terra, cancellati e riscritti. Adoro questo momento. Accordo fatto, stretta di mano, abbracci e risate con foto ricordo di queste splendide donne. Tanto lontane ma tanto simili.Tappa pranzo prenotato in un ristorantino, dove Stefano ordina la tipica carne di capra alla griglia. Al tavolo arriva la mayonese, bottiglie di Coca Cola e di tutto quello che vogliamo noi. Proseguiamo il viaggio ed il paesaggio cambia: la steppa masai si trasforma in un posto verde, rigoglioso, in cui si vedono gli alberi, campi coltivati, sistemi di irrigazione, alberi da frutto: si sta salendo. Shukuru mi indica che tra poco vedrò un posto bellissimo. Infatti dalle alture il panorama è fantastico e “si va” di binocolo. Dal belvedere improvvisamente si anima la situazione e gli uomini del gruppo ringalluzziscono. Neanche l’evitato scontro con il bufalo era riuscito a creare tante agitazioni: da un pulmino scendono 15 ragazze…sono le partecipanti di miss Tanzania con tanto di giornalista e camera men a seguito. Dopo la foto di gruppo degli uomini con le “gazzelle”, come rivincita alcune ragazze si fanno immortalare con i bodyguard. La giornalista acchiappa Isabella per una breve e curiosa intervista, poi ripartiamo. La strada per Karatu è contornata da paesaggi che, se non fosse per la terra rossa e le acacie, potrebbe essere quasi quello delle colline friulane. Siamo arrivati al campeggio, davvero bello e la terra sempre più rossa. “Tusker, please!” Giulia

Giorno 8 Ngorongoro crater Una “Poesia” per ricordare l’incanto.

“Sempre caro mi fu quest’ermo colle, E questa siepe, che da tanta parte De l’ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminato Spazio di là da quella, e sovrumani Silenzi, e profondissima quiete Io nel pensier mi fingo, ove per poco Il cor non si spaura. E come il vento Odo stormir tra queste piante, io quello Infinito silenzio a questa voce Vo comparando: e mi sovvien l’eterno, E le morte stagioni, e la presente E viva, e ‘l suon di lei. Così tra questa Infinità s’annega il pensier mio: E ‘l naufragar m’è dolce in questo mare.” Giacomo Leopardi, L’infinito.

Giorno 9 L’arrivo a Nairobi La sveglia suona presto: Stefano ci ha avvisati che la strada sarà lunga e dissestata pertanto non è possibile stimare con precisione il tempo di marcia. Fa freddo. Dopo un paio d’ore ci fermiamo lungo la strada per una lauta e meritata colazione. Un tè bollente rinfranca gli animi. Dal confine con il Kenya ci separano circa 100km di polvere e buche che ci fanno sobbalzare come birilli. Arriviamo nei pressi del caotico confine con il Kenya: timbri per uscire ed entrare, con un breve transito in terra di nessuno… Sulla strada alcune pittoresche donne masai tentano di venderci la loro mercanzia circondandoci in modo un po’ invadente. Siamo in Kenya ed è quasi irreale come il paesaggio sia cambiato in maniera radicale e repentina. Molto più verde, chiazze colorate di bouganville, mandrie di animali non troppo scheletrici, abitazioni più dignitose. Ci fermiamo per il pranzo presso un localino dove allestiamo un luculliano pasto con le specialità “della casa”: pomodori, cavolo, mais, tonno, e…salumi italiani! Di nuovo a bordo del truck si riparte, Nairobi ci attende. Il pomeriggio è lungo tra deviazioni sterrate interminabili, scossoni, buche e…bestemmie. Il tormentone è: “Stefano quanto manca?” Lui risponde: “un quarto d’ora e siamo arrivati!”. Il famoso “quarto d’ora” africano che già conosciamo. Inganniamo il tempo ed è quasi buio quando iniziano a scorrere davanti a noi le prime immagini della periferia di Nairobi. Ci attenderanno ancora un grande ingorgo degno delle nostre migliori città. Lo sconforto prende il sopravvento mentre assurde scene di miseria umana fanno sembrare le nostre lamentele solo ridicole espressioni di egoismo. Arriviamo alla guest house verso le 8, sfiniti e sporchi, ma non importa: domani ci attende il Masai Mara! Cristiana

Giorno 10 Passaggio al Masai Mara. Di Nairobi si può dire tutto fuorché non sia una vera metropoli. Ad ogni mio ritorno si avvicina sempre più ad un’idea di globale; ci sono scorci, ci sono dettagli che appartengono a questo mondo globalizzato senza differenze. Stesse assicurazioni, banche, compagnie telefoniche, automobili: questi gigantesche immagini-icone sanno dove e come meglio arrivare all’obiettivo e così, a seconda delle zone, sanno che cosa e come meglio proporlo. Tutto questo ha del rassicurante e spersonalizzante. La periferia tiene duro con il suo classico caos africano che la fa sembrare sporca ed arruffata, ma che tanto la contraddistingue. Attraverso questa periferia con la consapevolezza che il mondo è questo: queste sono le città, con le loro baracche e la loro sporcizia bruciata all’aria aperta; qui è dove vivono i due terzi della popolazione mondiale. La discesa lungo la Rift Valley, come tutte le discese lungo la Rift valley, non lascia senza fiato… speravo di poter vedere le facce dei compagni di viaggio con gli occhi pieni di questo “bello”, ma…c’è la nebbia! Niente da fare, il cielo si apre ma per poco…saremo più fortunati al ritorno. Stefano guida tra una buca e l’altra e il tragitto mi sembra più breve del solito: i panorami di quest’area mi lasciano come sempre a bocca aperta e ben lontani dal gate avvistiamo le prima giraffe, con grande stupore di tutti che mi chiedono: “ma qui… davvero siamo fuori dal parco?” Entriamo con le prime scene stupende: una bellissima famiglia di elefanti si impone con il suo passaggio sulla strada, ammirarli è un privilegio. Arriviamo al campo, con piacere saluto gli amici; le tende sono montate in un attimo e…meraviglia! Siamo al Masai Mara! Francesca Guazzo

Giorno 11 Masai Mara Come primo safari il Mara ci regala tante emozioni, tra le mongolfiere per i baloon safari e un’alba dai colori incredibili si arriva presto a un pride di leoni intenti a divorare uno gnu. Il maschio è già nascosto nel bush, mentre qualche femmina si ostina a mantenere il possesso della preda, che ormai è solo ossa. Si osserva un comportamento interessante: una leonessa copre gli odori del sangue con una zampa, muovendo terra e erba, per tenere lontane le iene e gli avvoltoi, che sono già atterrati a pochi metri. Gli incontentabili amici di viaggio lamentano di non aver visto il leone maschio, con la sua criniera…e così, nel tardo pomeriggio, dopo aver osservato l’attraversamento del Talek di alcuni gnu con una luce meravigliosa di riflesso sull’acqua di una piccola pozza, davvero il top per chi fotografa come noi, ecco accontentati gli incontentabili: il leone maschio che si mostra in tutta la sua bellezza e il suo dimorfismo sessuale è in questa criniera imponente, che rende la sua testa ancora più grande. Ottimo inizio! Francesca Guazzo

Giorno 12 Masai Mara La pioggerella della sera prima ha lasciato un’aria fredda e pungente e pian piano che passano i minuti cominciano a vedersi orecchie e nasi sempre più rossi, si tenta di coprirsi con tutto il possibile, pile, berretti asciugamani ma di chiudere i finestrini del truck non se ne parla, tutti seduti ai propri posti con gli occhi pronti a scorgere ogni movimento sospetto. Poco dopo infatti il Masai Mara ci regala subito la prima emozione di giornata, un gruppo di gnu attraversa un piccolo rigagnolo dandoci un assaggio di quello che si spera ci aspetterà il giorno dopo quando andremo al fiume Mara, malgrado qui il fiume sia piccolo e quasi senza acqua si percepisce la tensione che il passaggio di questo ostacolo comporta loro, in questo caso però sono fortunati e tutti passano incolumi e proseguono il loro cammino nella prateria. Proseguiamo alla ricerca di altre cose interessanti da vedere e dopo circa tre quarti d’ora di percorsi vari nella savana ci imbattiamo in un gruppo di avvoltoi che si contendono la carcassa di uno gnu con tre iene le quali devono darsi da fare per tenere lontani i rapaci per nulla intimoriti dalla maggiore stazza dei tre animali. Dopo pochi minuti arriva in zona anche uno sciacallo anche lui interessato al banchetto e con fare furtivo si avvicina lentamente riuscendo ad accaparrarsi un piccolo brandello di carne scappando subito a questo punto le iene quasi offese per il furto decidono inspiegabilmente di disinteressarsi del resto dello gnu e si mettono ad inseguire lo sciacallo come indiavolate lasciando campo libero ai grifoni che riprendono a spolpare quel che resta dell’animale con una frenesia e una voracità impressionanti spesso azzuffandosi e beccandosi fra loro fino a che, colpo di scena finale, arriva un avvoltoio orecchiuto che con la sua maestosa apertura alare e il suo becco uncinato intimorisce gli altri contendenti che subito si portano a distanza di sicurezza e non si avvicinano più temendo la sua presenza più di quella delle iene con cui fino a poco prima si erano contese la preda. Ripartiamo e dopo un po’ di strada tra le immense distese d’erba secca troviamo due serpentari intenti a scovare tra gli arbusti qualcosa da mettere sotto il becco e non possiamo non fermarci ad osservare in assoluto silenzio questi elegantissimi uccelli che con la caratteristica andatura sondano il terreno. Passa qualche minuto e una malcapitata lucertola finisce in pasto all’abile predatore che in un istante la ingoia intera riportandoci ancora una volta alla realtà di questo mondo selvaggio in cui la lotta per sopravvivere è continua. Si riparte di nuovo per scoprire cosa ci riserverà questa volta la natura che ci circonda e lungo il nostro girovagare incontriamo un gruppo di giraffe masai tra le quali vediamo anche due piccoli di questo animale così strano e goffo i quali ci osservano incerti sul da farsi pensando a quanto strano sia quell’animale che si trovano di fronte così colorato e con quelle strane zampe rotonde; decidono però che non siamo una minaccia e continuano quindi a brucare le cime dei cespugli dove ancora resiste qualche foglia verde. La temperatura nel frattempo è salita molto rispetto alle prime ore del mattino e i predatori se ne stanno quasi tutti all’ombra di qualche acacia proprio come i due leoni che troviamo tranquilli distesi sotto un albero che sembra fatto apposta per fare una bella dormita sotto alla sua chioma, tutto incurvato e sagomato proprio a ricavare una specie di gazebo naturale. La coppia di animali a differenza delle giraffe non ci degna di nessun interesse e continua a godersi il riposo rigirandosi nelle posizioni più comode possibili tanto che quasi ti fanno venire voglia di scendere e metterti a dormire tra questi due gattoni che in questo momento sembrano così mansueti e tranquilli. In cielo avvoltoi e cicogne marabu continuano ad esibirsi in planate eleganti sempre scrutando dall’alto alla ricerca di carcasse sulle quali avventarsi. Il sole comincia a scendere all’orizzonte ma siamo fortunati e avvistiamo i ghepardi; tra la vegetazione tre giovani esemplari stanno li tranquilli sembra quasi ci stessero aspettando infatti poco dopo si alzano a si dirigono silenziosi verso la prateria in mezzo alla quale gli impala mangiano ignari; poi un fulmine scatta di fronte ai nostri occhi e si dirige verso una delle antilopi la quale scappa atterrita ma in breve viene raggiunta e fatta cadere, anche grazie all’intervento degli altri due ghepardi per la malcapitata questa volta non c’è scampo e comincia la lunga agonia che per diversi minuti la vede alle prese con i tre felini, mentre uno la tiene stretta al collo per farla soffocare gli altri ansimanti per la corsa e le energie consumate dapprima stanno da parte e poi cominciano a divorarla mentre lei spende le ultime energie tentando di divincolarsi inutilmente. Poi finalmente quando non vi sono più segni di vita della preda i tre ghepardi cominciano il pasto sperando che non arrivi qualcuno magari ad impossessarsi del bottino faticosamente catturato come spesso accade in questo mondo così selvaggio. Per noi è arrivato il momento di rientrare, dobbiamo fare un po’ di strada… Dopo cena solito ritrovo vicino al truck doppio giro di Amarula e poi tutti a dormire, domani ci aspetta il fiume Mara e chissà quali altre sorprese. Luca

Giorno 13 Masai Mara La migrazione “Per me la giornata potrebbe finire qui!” Sentenzia Stefano. Infatti tre cuccioli di sciacallo avvistati dall’occhio vigile di Martino, solo 6 anni con una passione, trasmessa da mamma e papà, gli animali e la natura! Che meraviglia osservarli, avranno poche settimane; una iena si aggira in zona. Attendiamo in silenzio religioso per capire le intenzioni, ma nulla accade, almeno per ora. Ci allontaniamo in direzione fiume Mara, per portare tutti a vedere la migrazione, sperando che sia orario e zona giusta. Sulla strada tante zebre punteggiano le colline e finalmente avvistiamo i primi gruppi di gnu, che hanno già attraversato il fiume: ci avviciniamo e ci appostiamo. Non è il primo attraversamento che vedo e le mie aspettative non sono alte, ma questa volta è stato davvero toccante. Dalle colline scendono migliaia di gnu e la scena è epica e commovente. Tutti in fila, si parlano, mossi da una forza atavica straordinaria: si respira l’aria di un istinto antico che va oltre le parole: è la pulsione per la vita, la sopravvivenza. Si decidono, dopo vari tentennamenti all’attraversamento. La folla è grande, il polverone si alza e si illumina con la luce del sole; l’energia è incontrollata. Tanti annegano sotto i nostri occhi, trascinati dalla corrente, sopraffatti dalla foga, schiacciati dal vicino. Qualche coccodrillo ne approffitta. Il passaggio e l’arrivo verso di noi è assordante: gli zoccoli di cinquemila, tra gnu e zebre, fa muovere il terreno e il suono sordo di una massa in movimento accarezza il nostro cuore. No, non è come nei documentari. E’ molto, molto di più. Francesca Guazzo

Giorno 14 Ritorno a Nairobi Pronti per la scarrozzata finale? Dopo il diluvio universale sul Masai Mara della sera prima, richiudiamo per l’ultima volta le nostre tende, carichiamo il tutto e su un Truck fangoso e polveroso come non mai partiamo destinazione Nairobi, dove ci aspetta il volo per l’Italia in piena notte. Le ultime buche, le ultime fotografie, gli ultimi pasti insieme, con la mente ripenso al viaggio che sta per finire e mi sembra di essere stata in Africa da mesi, stanca ma soddisfatta…E sogno già un’altra meta africana come lo Zambia (dove è possibile fare safari notturni) o l’Uganda per l’emozione dei gorilla di montagna! E’ bello sognare, ma soprattutto vedere realizzate queste fantasie (questo viaggio in Tanzania e Kenya lo aspettavo da quando avevo 20 anni!!) A proposito di fotografie, mi rendo conto di aver stabilito un record….di tot 3 foto scattate (tre) Ho volutamente glissato sulla questione ancora prima di partire: desideravo godermi ogni istante con gli occhi e il cuore senza la minima preoccupazione di inquadrature, luci, attrezzatura ecc ecc.. e ce l’ho fatta! Non è stato per nulla difficile, questi paesaggi mi hanno assorbito completamente, a volte paralizzata… Il silenzio dell’Africa mi ha ancora una volta stupita e rapita, e i rumori della natura, solo di quella, riconciliata con il mondo e ricaricata per i mesi che verranno. Arrivederci Africa! Isabella

La migrazione degli animali in Africa. Tanzania e Kenya.

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