Malawi in viaggio nel cuore verde dell’Africa

Un articolo di Stefano Pesarelli

Quando 2.500 anni fa circa Ippocrate di Kos, scrisse il “De aere, aquis et locis” un’operetta all’interno del Corpus Hippocraticum, Mulanje non era sulle mappe conosciute agli uomini.

Neppure il grande lago che oggi chiamiamo Malawi eppure, il geografo e medico greco aveva già compreso che c’è un ordine naturale dei luoghi che rende più apprezzabili le condizioni di vita e infatti gli uomini già abitavano questa lontana regione africana e altri si avvicinavano da ovest.

In quel manuale delle situazioni geografiche-ambientali i venti migliori devono nascere a oriente, le acque seguono i venti, devono provenire da est e la caratteristica migliore è che siano sorgive.

Gli uomini che abitano queste regioni vivono meglio e senza malattie. 

Siamo sempre abituati a pensare ai primi esploratori come a uomini alla ricerca delle cascate più grandiose, delle montagne più alte o di ricchezze mai viste, che compiono imprese fantasmagoriche invece di ragionare che a seconda del tipo di ambiente i primi uomini, semplicemente riescono a stabilirsi lì oppure no.

Ed è così che si stanziarono i primi cacciatori raccoglitori, nella tarda età della pietra 8.000 anni fa, di bassa statura, di notte si rifugiavano nelle caverne di questo massiccio che oggi sappiamo come il più alto dell’Africa Centrale con i suoi 3.002 m.s.l. della vetta Sapitwa.

Si insediarono qui molto tempo prima che Ippocrate di Kos diventasse il padre della medicina come lo conosciamo ora ed è a loro che dobbiamo pensare mentre iniziamo la salita in questa enclave di flora e fauna afro-montana.

Poi, mentre Ippocrate finiva il suo trattato, arrivò una seconda migrazione, più numerosa, da ovest, di uomini alti, allevatori e agricoltori che conoscevano la lavorazione dei metalli, che parlavano una lingua, Bantu molto differente e, come spesso accade in questi casi, i Pigmei o Batwa vennero sopraffatti. Poi arrivarono mercanti arabi, portoghesi e, infine, Livingstone e gli esploratori scozzesi nella seconda metà del XVIII sec.

E’ proprio da est che arriva il Chiperoni.

Il vento che raccoglie l’umidità calda dalla costa dell’Oceano Indiano, soffia contro la parete fredda e granitica della montagna; quando questi due giganti si incontrano, si creano nebbie, foschie, piogge che nutrono foreste lussureggianti e verdi piantagioni di te introdotte dai coloni inglesi e italiani per la prima volta in Africa ai primi del ‘900.

Questo clima favorisce un ecosistema unico con forme di vita rare ed endemiche che fanno del massiccio Riserva della Biosfera mondiale per la sua elevata biodiversità come quella di felci che, unica al mondo, è paragonabile a quella delle Galapagos, con oltre 100 specie classificate e nuove ancora da registrare. Un cuore verde dell’Africa!

Le acque sorgive dei quattro fiumi principali, Ruo, Tuchila, Lichenya, Likhubula sgorgano e fendono la roccia, poi solcano gole e cercano la fuga per discendere il massiccio e allora, mai quiete, vanno ad alimentare il fiume Shire, colui che drena tutti i fiumi e le acque della Rift Valley in Malawi, compreso il grande lago per poi congiungersi nel mitico Zambesi, più a sud che le riporta all’Oceano indiano; lì il Chiperoni, impaziente aspetta che il sole le trasformi in vapore per poi soffiarle di nuovo in faccia al massiccio in una perenne lotta tra colossi.

La salita ti scaglia indietro nel tempo per respirare l’unicità di questa terra.

Mulanje non è il blasonato Mt Kilimanjaro o il Mt Kenya, ma proprio qui sta l’inganno: una montagna ha molte complessità e l’altitudine è solo una di queste; per ricordarcelo, la vetta Sapitwa significa letteralmente “il posto dove non dovresti andare”.

Passo su passo si superano tutte le fasce tipiche della vegetazione afro-montana in un susseguirsi di pianure, burroni, creste, fiumi, foreste e scogliere di lastre di roccia dominate da circa 20 massicce vette; è possibile imbattersi nel prezioso e vulnerabile cedro di Mulanje, Widdringtonia whytei, albero nazionale endemico del Malawi o scoprire il camaleonte Chamaeleo mlanjensis, due specie di geco Lygodactylus rex e L. bonsi e altre rane. Tra i mammiferi presenti 66 specie tra cui babbuini, cercopitechi, galagoni e piccole antilopi, iene, leopardi anche se di difficile avvistamento; è l’unico luogo in Malawi dove è presente il roditore Aethomys namaquensis.

I serval e le loro tracce sono ben visibili sul plateau.

Si contano 233 specie di farfalle, impossibile elencarle tutte ma almeno tre endemiche di Mulanje sono Charaxes margaretae, Cymothoe melanjae e Baliochila nyasae.

Il massiccio è inoltre inserito nei siti IBA (Important Bird Areas) con circa 300 specie di uccelli classificati ed alcune specie vulnerabili come l’Apale ali bianche Apalis chariessa o l’alete di Tyholo Alethe choloensis e il tordo maculato Zoothera guttata, entrambi minacciati. 22 delle 56 specie di uccelli presenti nel sistema formato dall’arcipelago afro-montano Usambara/Mulanje si riproducono sul monte Mulanje.

Sul plateau sono presenti 11 rifugi, connessi tra loro attraverso sentieri e percorsi scenografici.

Un pieno di ossigeno ed energia da non perdere in Malawi in viaggio nel cuore verde dell’Africa, immersi in un miscuglio di dirupi nudi sempre sotto il crogiolo dei miti nefasti di Sapitwa, la “capitale degli spiriti” o di Napolo il mitico serpente che vive sotto la montagna, associato nella mitologia locale a frane, terremoti e inondazioni; Napolo nella letteratura malawiana è fonte cospicua per gli scrittori che ne traggono intuizioni per la società, l’hanno usato più in termini metaforici che in senso letterale per arricchire le loro opere e mascherare il significato, a volte, dagli occhi indagatori dei politici.

Il massiccio di Mulanje ha una magia tutta sua

e per quanto con ogni probabilità lo scrittore e linguista britannico nato in Sudafrica J. R. R. Tolkien, a cavallo delle due grandi guerre non abbia mai viaggiato a queste latitudini, qui si racconta ancora una storia, forse una leggenda o una simpatica frottola: Mulanje come ispirazione nella stesura del Signore degli Anelli, Mulanje nella Terra di Mezzo con gli onnipresenti molari di Sapitwa che diventano le Montagne Nebbiose, dove Bilbo sconfigge Gollum in un gioco di enigmi; corridoi di felci e cedri diventano il Bosco Alto dove i suoi compagni nani vengono catturati da ragni giganti e dove in lontananza regna Gran Burrone, rifugio degli elfi.

Ai piedi della montagna regna incontrastato un unico colore perenne: il verde in tutte le sue tonalità e sfumature. Non ci si può sfuggire mai, (e perché farlo?) nemmeno quando il paese brucia sotto il caldo di novembre e tutto intorno è secco, a Mulanje predomina il verde smeraldo.

Camminare nel mezzo delle piantagioni di tè,

sulle piste di terra rossa dove la Camellia sinensis è stata tagliata, potata a mano e strappata per produrre il pregiato tè nero del Malawi, a parte lasciare tracce color ocra appiccicose di fango argilloso, è un’esperienza unica.

Il Malawi, nonostante sia uno dei paesi più piccoli dell’Africa – e oscurato dai vicini giganti del safari, Tanzania, Zambia e Mozambico – è un luogo di paesaggi mozzafiato e vasti panorami. Dalle acque cristalline del lago Malawi alle dolci pianure degli altopiani, questo paese, scolpito nella Great Rift Valley , si guadagna la reputazione di essere il “cuore caldo dell’Africa”, ed è così che il Dipartimento del Ministero del Turismo e le compagnie turistiche lo promuovono, ma diventa evidente il perché immergendosi nei villaggi, lungo le coste del lago, nelle piantagioni di tè e nell’incontro di persone miti , serene e cordiali.